Posted by : Unknown lunedì 14 gennaio 2013


La Cultura è di tutti.

Il patrimonio culturale e paesaggistico è di tutti.
Ma chi deve prendersene cura?


In questo momento di crisi l’unico settore che sembra mantenersi in attivo è quello culturale, e il nostro patrimonio così ricco, diffuso e palpabile sta prendendo un posto in primo piano nelle tavole rotonde in cui si dibatte sul futuro e le sue prospettive economiche: tutti parlano di Cultura e valorizzazione, ma c’è un “ma”.

Il “ma” sono chiacchiere: non abbiamo una pianificazione per lo sviluppo, ma tante parole che si ripetono da decenni.

Il patrimonio culturale è un settore strategico di importanza crescente in Europa, un settore trainante la cui conservazione e valorizzazione richiedono notevoli risorse economiche e umane: sono oltre 5 milioni i volontari delle associazioni culturali che spesso si sostituiscono alle istituzioni pubbliche per sopperirne alle mancanze e ai tagli dei fondi. Questi animi dediti al servizio e amanti della Cultura, della nostra storia, delle nostre tradizioni, spesso fanno in modo che luoghi dimenticati da tutti rimangano aperti e visitabili al pubblico. E gli amanti di una gita fuori porta e del patrimonio ringraziano lieti...

ma io li voglio denunciare.

Voglio denunciare il volontariato nel settore culturale.

Non voglio sminuire il lavoro dei volontari, ma vorrei che queste risorse non si sostituissero alle figure specifiche che l’Italia vanta di formare nelle proprie università per privarle poi della loro professionalità e di un lavoro.

Voglio denunciare il volontariato come strumento di svalutazione professionale, un’arma a doppio taglio verso un settore-risorsa bistrattato.

“In una economia occidentale sempre più immateriale la cultura è il vero motore per produrre nuovo pensiero, nuove idee. La cultura, di conseguenza, verrà a configurarsi come essenziale assetto d’impresa in uno scenario economico dove a vincere saranno le idee e non la materia, e diverrà il tessuto connettivo che metterà in relazione i protagonisti che agiscono sul territorio siano essi istituzionali che imprenditoriali, culturali e turistici. Un distretto economico evoluto può rendere il territorio culturalmente attrattivo attraverso una attenta valorizzazione, anche in chiave turistica, del patrimonio in riferimento a una di domanda di qualità e a ridotto impatto ambientale.”

Così scriveva Franco Gravina, presidente Associazione Pratese Amici dei Musei e dei Beni Ambientali nel 2009, in Volontariato e cultura come sviluppo locale.

Pier Luigi Sacco, docente di Economia della Cultura allo Iulm, al Convegno "Stati Generali del Volontariato Culturale" parla di «volontariato culturale come fonte di innovazione».

Non dobbiamo pensare che i volontari debbano fare ciò in cui mancano stato e mercato:

«Il volontariato deve diventare la nuova frontiera del benessere sociale» ha detto, spiegando come nella società digitale i volontari possono produrre loro stessi contenuti, essere coinvolti, partecipare. Ma analizziamo la situazione attuale: questo è vero nel momento in cui in un settore si investe, le professioni vengono riconosciute, quando in un percorso di crescita si crede fortemente e alla base dello sviluppo vi è un team qualificato nel settore preposto alla programmazione.

Alle porte del 2013 siamo ancora qui, giovani laureati in ambito culturale, a chiedere la possibilità di portare a tutti la Cultura.

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